No, è soltanto espressione del politically correct

15.03.2021

di Anna Moruzzi

Una settimana fa ricorreva la Giornata Mondiale della Donna, un giorno di "festa" per gli ingenui che ci trovano qualcosa da festeggiare. Lo scenario si divide tra chi invia spasmodici messaggi di auguri e chi farcisce i propri profili social di banalità e citazioni. Un giorno nato sotto una bandiera di lotta e principi va a confondersi tra le altre miriadi di giornate "speciali", a cavallo tra quella per gli insegnanti e quella per il rene. Non occorre una GIF a forma di mimosa a ricordarmi che sono donna, tantomeno dimostra il rispetto del mittente nei confronti dei miei diritti e della mia storia: non cerco conferma della mia identità nei gesti degli uomini che ho attorno, anzi, la manifesto semplicemente esistendo, e sottolineare tale aspetto ha solo effetto degradante. Nell'immaginario di questi simpatici messaggeri, l'8 Marzo trenta milioni di italiane si sono alzate, felici, grate con la loro femminilità riconquistata dai messaggi di amici, colleghi e fidanzati. Oggi grande festa!

I presupposti sono tutti sbagliati. Abbiamo dimenticato cos'è una donna. Nella necessaria battaglia per la parità abbiamo perso di vista le profonde e nobili differenze tra i generi.

Ragionando in questo senso, qualcuno di un po' precedente ai movimenti femministi ci aveva già visto lungo: Platone. Senza troppi preamboli ci dice che i sessi condividono uguali attitudini, e per questo, per natura propria di entrambi, debbano condividere uguali compiti, ma questa è una storia vecchia e lascio questa battaglia a chi ne sa più di me. La questione si fa interessante quando il filosofo marca la diversità tra uomo e donna, nel Simposio. La donna nella cultura greca ha un legame fortissimo con l'eros e la propria psiche, forza primordiale e bellezza di spirito, e questo vincolo con la propria sfera interiore la porta ad essere fonte di onesta verità. Verità che sfugge all'uomo, e l'uomo che non capisce accusa la donna di follia. "Sei pazza!". Ragazze, se la frase vi è familiare una ragione c'è. Siate folli. Perché tanto è così che vi chiameranno ogni volta. La donna, pazza com'è, sa "dire" la sua intimità, e a questo punto follia e verità coincidono.

Quindi ora, avendo ben chiaro in mente l'eccezionalità dell'animo femminile, possiamo iniziare a trattare le disparità sociali, politiche, antropologiche. Di tentativi ce ne sono stati tanti, alcuni più goffi di altri, l'errore sta nel cercare di tamponare situazioni scomode con ridicole proposte di legge.

Imporre un numero obbligatorio di presenze femminili nelle sedi decisionali può forse sanare una mentalità radicalmente deviata? Temo nell'effetto contrario, con in aggiunta il rischio di scavalcare un bel principio come la meritocrazia. Finché continueremo a chiedere tutela attraverso regole e imposizioni non vedo come si possa raggiungere una forma di uguaglianza effettiva, che vada oltre le belle e comode apparenze.

La questione è di complessità considerevole, ma una cosa è sicura: dobbiamo tenere saldo in mente di avere a che fare con un popolo antico, e dunque non possiamo pensare di attaccare e scardinare un'intera cultura di tradizioni e valori; al contrario, è necessario agire con la consapevolezza di chi porta sulle spalle un passato storico e ne conosce il peso.