L'importanza dei simboli
di Lorenzo Gioli
All'inizio ero incerto se scrivere o meno questo articolo. In fondo, il Natale viene vissuto da ciascuno in modo diverso. C'è chi lo vede come un'enorme seccatura: regali da compare, tavole da imbandire, pranzi e cene da preparare. C'è chi lo vive come una festa in cui ritrovarsi e vedere parenti con cui altrimenti si perderebbero i contatti. C'è chi - come Massimo Fini - considera gli auguri natalizi "una delle manifestazioni di quella solitudine che assale alla gola noi vecchi sotto le Feste" (il Fatto Quotidiano, 29 dicembre 2018). Servirmi di queste colonne per parlare di un tema così personale mi sembrava inopportuno, quasi un'intromissione nella dimensione privata del lettore. Mi sono deciso a scrivere, dopo aver letto che anche quest'anno una sparuta minoranza di genitori e insegnanti - sparuta, ma non per questo meno fastidiosa - continua a sventolare la bandiera del politicamente corretto, battendosi contro il presepe nelle scuole.
Questi signori pensano che rivendicare la propria identità giudaico-cristiana significhi minare le fondamenta della laicità dello Stato e dei principi (sacrosanti) di tolleranza e libertà religiose enunciati dalla nostra Costituzione. Non è affatto così. Infatti, la "tolleranza religiosa" non c'entra niente: essere fieri delle proprie origini non vuol dire disprezzare quelle altrui. Ho alcuni amici musulmani che festeggiano il Natale, scambiandosi i regali ogni anno. Non è forse questo un perfetto esempio di integrazione e di cooperazione fra i popoli?
Esiste poi un altro aspetto che occorre tenere presente: si parla continuamente di Europa, se ne invoca il nome nei talk show e sui giornali. Ovviamente l'Europa che piace al mainstream è quella politica, economica, amministrativa e burocratica. Invece, quando si parla di tradizioni condivise e di radici storiche, che pure dovrebbero essere parte integrante della vita di tutti noi, gli europeisti della mozzarella tacciono improvvisamente. E quando si parla di difesa dei valori (termine ormai caduto in prescrizione) nel migliore dei casi fanno finta di niente. Nel peggiore assecondano più o meno direttamente gli istinti di coloro che, in nome di un non meglio precisato globalismo liberal, sognano un'Europa senza memoria, senza idee, senza identità.
Perfino Ernesto Galli della Loggia ha scritto un pregevole articolo sul Corriere della Sera in cui invita il suo partito ideale, di ispirazione socialdemocratica, a "sentirsi (e magari anche dirsi) culturalmente cristiano". È proprio quel "culturalmente" la parolina magica da cui possiamo trarre questa conclusione: il Cristianesimo non è solo religione. È anche cultura, arte, storia e letteratura che nell'era delle fake news chiunque dovrebbe avere interesse a diffondere e a preservare. Per questo, rimango convinto dell'importanza dei simboli. Per questo, il Moschettiere non teme di augurarvi buon Natale.