L'elezione per il Quirinale come banco di prova della politica italiana

23.11.2021

di William Zanellato

Considerare la classe politica italiana in difficolta è quasi un eufemismo. Se vogliamo dire le cose come stanno, non possiamo nasconderci dietro un dito. Dobbiamo infatti rivelare e ancor più rilevare la situazione oggettiva in cui ci troviamo.

Primo indizio dell'estrema difficoltà della politica e delle sue istituzioni è proprio il nostro Premier: Mario Draghi. Chiamato d'urgenza dal Presidente Mattarella, ha assunto la guida di un Paese allo sbando, colpito duramente dalla pandemia e dalla conseguente crisi economica. Ha trovato in Italia un contesto politico inesistente, banale e inutilmente polarizzato. Un dibattito politico scarno in cui veleggiano le bandierine ideologiche dei partiti e le solite istanze populiste.

Il secondo indizio è strettamente legato al primo. Draghi ha aperto alla possibilità di un governo "tecnico" ma soprattutto ha spalancato le porte alla creazione di una grande maggioranza, formata da quasi tutto l'emiciclo parlamentare. Dal Pd alla Lega passando per Forza Italia. Eppure, al di là delle apparenze, abbiamo tutto tranne che unità. Non c'è una visione, non c'è coerenza politica, non esiste né un dibattito costruttivo né tantomeno una vera opposizione. I partiti, al contrario di quanto riferiscono, non si sono "sforzati" di governare insieme per garantire l'interesse nazionale, ma hanno banalmente deciso di tradire la loro vocazione originaria.

La politica vera comporta decisioni forti e una certa dose di coraggio. Lo stesso coraggio, invocato da Churchill nel 1940, che permise all'Inghilterra di sconfiggere la peggior tirannia del ventesimo secolo, cambiando per sempre le sorti dell'Europa occidentale. I partiti non hanno dimostrato alcun coraggio nell'affidare la guida del Paese a una figura "non politica", seppur autorevole, come Mario Draghi. Non c'è stato nessun compromesso di lungo respiro per approvare il DdL Zan, una bandierina sventolata per mero calcolo elettorale da un partito che - in assenza di proposte politiche credibili - si "diLetta" ad attaccare gli avversari, tacciandoli di omofobia. Non ho trovato alcuna coerenza nemmeno nelle azioni della Lega, sempre più schiacciata sulle posizioni del Premier.

L'ultimo indizio è arrivato alle ultime elezioni amministrative. Non presentandosi alle urne, moltissimi elettori hanno votato implicitamente una gravissima sfiducia verso i partiti e di conseguenza anche verso l'esecutivo. É proprio per questo che, quando il 3 febbraio scadrà il settennato di Mattarella, tutto dovrà auspicabilmente iniziare da capo. L'elezione del nuovo Presidente della Repubblica non rientrerà nella mera prassi istituzionale, giudicata con occhi disattenti dai cittadini italiani. Anzi, sarà un vero banco di prova, forse il più importante, per la politica italiana. La scelta dovrà necessariamente ricadere su un nome capace di garantire l'unita nazionale (articolo 87 della Costituzione), ma soprattuto in grado di traghettare il Paese verso una rinnovata dialettica politica. Aspettando febbraio, dobbiamo avere fiducia e sperare che questo governo di unità nazionale riesca a rimanere coeso. Almeno questa volta.