La 'ndrangheta a Milano

25.03.2020

Di Nicola Strambio

Libere da ogni ostacolo, sfruttando la non consapevolezza della popolazione, fin dagli anni '50 decine di famiglie di 'ndrangheta (le 'ndrine), si sono infiltrate in Lombardia.

Fin da subito, come è apparso da operazione svolte successivamente dalla DIA (Direzione Investigativa Antimafia) e dai Carabinieri, le famiglie si sono insediate e radicate sul territorio lombardo in modo capillare.

La procedura, perfezionata a partire dalla fine della stagione dei rapimenti degli anni '70, durante i quali il rapimento a scopo di estorsione era una delle principali attività, che le 'ndrine hanno utilizzato e che ancora oggi si rivela vincente, consiste nell'affidarsi al controllo capillare del territorio mediante i locali. Bar, discoteche, spesso aperti da proprietari "puliti" e poi successivamente acquisiti sotto il controllo dei boss tramite le richieste del pizzo, accompagnato da minacce spesso rivolte alla famiglia delle vittime: in un'intervista a La7, un imprenditore rivela di essere seguito quotidianamente da un uomo, che lo accompagna nelle sue trasferte, rimane sotto la sua casa con l'unico obbiettivo di mantenere la pressione psicologica necessaria al mantenimento del silenzio e al pagamento dl pizzo, nel caso citato circa 30.000 euro in quattro mesi.

Grazie al controllo così ottenuto dei locali (ad apparente gestione da parte di lombardi, non calabresi; incensurati, non sospettati; conosciuti, non sconosciuti) le famiglie riescono ad ottenere il controllo capillare del territorio, anche grazie alla fitta rete di spacciatori alle loro dipendenze, che controlla il territorio distribuendo droga spesso scadente, con l'unica eccezione di Quarto Oggiaro a Milano, in cui la distribuzione di stupefacenti è molto ben organizzata, con una rete di spacciatori e depositi di droga nelle case dei boss.

Nella città di Milano ogni settimana possono essere immesse fino a tre tre tonnellate di cocaina, distribuita al dettaglio da una miriade di spacciatori. Ma non solo cocaina: eroina, chapo (una droga sintetica, una dose da un grammo equivale a dieci di cocaina), marijuana. L'ultima menzionata è di largo uso tra i giovani. La droga viene consumata nei locali della movida: i Navigli, Brera... Come emerge dagli studi delle acque reflue, Milano è uno dei centri con il più alto consumo di cocaina in Italia, e si colloca tra i primi centri in Europa (https://milano.repubblica.it/dettaglio/cocaina-milano-capitale-deuropa/1512556 ).

Altro settore molto redditizio nell'economia delle famiglie è costituito dall'edilizia: molti appalti di Milano e della Lombardia, sono controllati dai boss con lo stesso metodo dei locali: primo appaltatore pulito, a volte del tutto ignaro, a volte colluso già in precedenza, subappaltatori mafiosi, che con lo stesso metodo del pizzo e della minaccia, acquisiscono il controllo del cantiere. A Milano sono continue le sospensioni dei lavori nei cantieri, oppure la revoca del subappalto alle aziende sospettate di essere colluse o associate con la mafia.

Spesso però il discrimine tra collusi e vittime innocenti è molto sottile, perché chi non denuncia per la giustizia diviene complice. Ma spesso gli imprenditori vittima delle richieste di pizzo sostengono l'inefficacia delle denunce, dato che quasi sempre denunciare equivale a mettere in pericolo la vita delle famiglie delle vittime.

Non mancano però gli omicidi. Uno dei più eclatanti è quello della testimone di giustizia Lea Garofalo, ex moglie di Carlo Cosco, boss della famiglia omonima che, prima dell'omicidio, avvenuto nel 2009, controllava diverse piazze di spaccio nella zona di Sarpi e Sempione a Milano.

Lea Garofalo nel 2002 decise di denunciare il marito, diventando collaboratrice di giustizia. Entrò nel programma di protezione nazionale assieme alla figlia Denise e visse in clandestinità fino al 2006, quando venne esclusa dal programma perché ritenuta inaffidabile. Dopo diverse peripezie giudiziarie e un parere del Consiglio di Stato, venne riammessa nel programma un anno dopo. Nel 2009 uscì dal programma volontariamente e decise tornare a vivere nella sua città natale, a Campobasso. Scampò ad un tentativo di rapimento organizzato da Carlo Cosco solo grazie all'intervento della figlia. Le due donne decisero quindi di trasferirsi a Milano, dove, la sera del 24 Novembre 2009, la figlia fu allontanata con una scusa dal marito e inviata ad una cena, mentre Lea fu sequestrata, uccisa in un appartamento in piazza Prealpi predisposto allo scopo e quindi bruciata per tre giorni nei pressi di Monza, come riconosciuto dalle testimonianze del processo di appello, svoltosi nel 2012.

Ultima tappa del viaggio tra le attività della 'ndrangheta a Milano è il celeberrimo ortomercato, uno dei più grandi del Nord Italia. Qui, secondo alcune stime, circa la metà dei lavoratori sono irregolari, pagati in media 2 euro all'ora, in nero. Esistono centinaia di filmati che inquadrano persone entrare di nascosto scavalcando le transenne, per entrare e lavorare in un luogo dove le forze dell'ordine raramente entrano. Di zone franche del calibro dell'ortomercato di Milano ne esistono diverse, spesso sconosciute ai più.

La mafia viene spesso menzionata come una piovra, che con i suoi tentacoli avviluppa istituzioni, privati, tutto. I suoi tentacoli sono invisibili ma soffocanti. I suoi tentacoli, nell'immaginario collettivo, si fermano al Sud.

Questa mancata consapevolezza consente quindi alle organizzazioni criminali di agire sottotraccia, e stringere la morsa, sui privati come nelle istituzioni. Chi non ha mai sentito parlare di tangenti al Nord? Bisogna aumentare la consapevolezza, perché è quella, assieme all'opera delle nostre forze dell'ordine, che meglio allenta e fa ritirare i malvagi tentacoli della piovra, rendendoli visibili.